QUANDO SI PARLA DI PROJECT MANAGEMENT…

 Storytelling

Era il tardo pomeriggio di un martedì del mese di giugno, quando abbiamo ricevuto la telefonata del direttore commerciale di un’azienda cliente che produce complementi per grandi imprese di ingegneria nel mondo dell’Oil & Gas.

“Stiamo partecipando ad un tender internazionale volto ad aggiudicarci un progetto in qualità di produttori del nostro componente elettronico ma che ci vedrà operare anche come general contractor.

Ci troveremo a dover gestire anche altri fornitori di prodotti e servizi che dovremo reperire sul mercato: è un fatto nuovo per noi.”

un tender internazionale 

lavoreremo come General Contractor: un fatto nuovo per la nostra azienda

Marco, il direttore, racconta come si tratti di un progetto complicato e intenso.

Un Progetto che coinvolge diverse figure all’interno dell’azienda: la direzione commerciale, due direttori delle due aree dell’ufficio tecnico, il product manager per lo sviluppo del prodotto ed il program manager per la gestione del tender, la ricerca dei fornitori, gestione dei servizi e acquisti terzi (trasporto, service, ecc.) e per la sincronizzazione dei tempi con le fasi di sviluppo prodotto.

Dalla voce di Marco si percepisce una certa ansia e preoccupazione: “C’è in gioco molto” e poi aggiunge:

“Se riusciamo ad impostare bene il nostro approccio al progetto, visto che la tecnologia la abbiamo e pochi sono i competitor che possono stare al nostro passo, riusciamo ad aggiudicarcela. La prospettiva è di un progetto di alto valore: una decina di milioni di euro.”

C’è in gioco molto!

E continua: “Il fatto è che qui da noi ci sono molte aree grigie, in particolare fra le responsabilità. Non è mai chiaro chi fa cosa e quindi nel dubbio si va sempre dalla Direzione Aziendale per fargli prendere la decisione su che strada intraprendere. Il problema è che per la direzione questo è solo uno dei progetti e spesso il titolare ci dice: “Sì va bene ma non voglio che con questo progetto mi blocchiate l’azienda”.

qui da noi ci sono molte aree grigie

Lo scenario si completa con le due figure chiave del team di progetto, il product manager e il program manager sono in uffici diversi e faticano a lavorare bene assieme. Anzi preferiscono scriversi e parlarsi il minimo possibile. Eppure devono interfacciarsi entrambi con la società di ingegneria per definire i vari passaggi del progetto.

Marco riassume che il suo obiettivo nell’avviare un percorso di consulenza è finalizzato a “come farli lavorare in modo più efficace fra di loro “che spiega: “che quando cada la palla qualcuno la raccolga”.

“come farli lavorare in modo più efficace fra di loro” – “che quando cada la palla qualcuno la raccolga”

La direzione commerciale aggiunge che quindi il progetto è già partito. Fra sei settimane ci sarà l’assegnazione definitiva della gara. “Ora il goal è avere pronti i prototipi a metà settembre “. Fra qualche settimana deve essere completato il piano di dettaglio con risorse terze, identificando i fornitori terzi.

Poi seguirà nei mesi autunnali una fase estremamente intensa per poi susseguirsi un altro momento altrettanto impegnativo nel prossimo anno inerente agli step di installazione.

La preoccupazione che il progetto non venga gestito correttamente è elevata. Rispetto alle “aree grigie” il solo modo che i responsabili commerciale e dell’area tecnica riescono ad adottare si esprime nel dire loro: “dovete fare del vostro meglio”.  E ancora la frustrazione nella voce anche del responsabile tecnico: “Siamo costretti a lavorare lontani dalla perfezione”.

“siamo costretti a lavorare lontani dalla perfezione”

C’era decisamente la necessità e l’urgenza di introdurre un facilitatore specialista che coinvolgesse le persone attraverso un metodo tratto dalla disciplina del Project Management.

Come aveva commentato il direttore tecnico: ci serve un “aiuto calato nel momento” del progetto.

Avevamo compreso come il progetto fosse critico e di massima importanza per l’azienda, che decideva di mettere a disposizione delle risorse specialistiche per accelerare il successo: la facilitazione esperta in project management.

Ci serve un aiuto calato nel momento

Avevamo così messo assieme un team di progetto, lato consulenza, con un account manager ed un project manager facilitatore che sono partiti tenendo conto dei  vincoli e delle tempistiche del progetto dell’azienda, comprese le penali che l’azienda si troverebbe a dover subire in caso di non assolvimento del contratto di fornitura.

Si sono susseguiti incontri periodici con tutte le persone interne all’azienda facenti parte del team di progetto, collocati nei passaggi critici, in preparazione ad incontri strategici.

I risultati non hanno tardato ad arrivare.

Già dopo tre settimane dall’avvio del percorso “facilitato” di project management l’azienda ha potuto inviare i prototipi corrispondenti ai requisiti del tender, ottenendo dopo una settimana la conferma dell’aggiudicazione della “gara”.

Il tema si era presto spostato dal

“sono le due persone che non riescono a lavorare assieme efficacemente perché sono molto diverse”

a

“facciamo chiarezza riguardo gli obiettivi, identifichiamo assieme i passaggi critici, definiamo i ruoli nel progetto e prepariamoci”.

Il terzo facilitatore, gli schemi e i processi messi in atto hanno contribuito in modo evidente all’abbassamento delle barriere fra le persone, il cui feedback è arrivato puntuale:

“Il percorso che abbiamo intrapreso è quello giusto”, ci ha detto una delle persone coinvolte. Abbiamo cambiato passo quanto al lavoro di squadra nel nostro team”.

La direzione commerciale ha voluto espressamente condividere che “sono state superate le mie aspettative” cui ha fatto eco la direzione tecnica che ha affermato: “Da soli non ce l’avremmo mai potuta fare!”

“da soli non ce l’avremmo mai potuto fare!