Durante l’evento Export Management presso il polo Santa Marta dell’università di Verona due Export Manager hanno raccontato i loro casi specifici.

Il dott. Massimo Contri, export manager ha ulteriormente arricchito l’evento con altre pennellate tratte dalla sua esperienza di lavoro nei mercati internazionali.

Il nostro successo è dato per il 90% dal sudore e per il 10% dal talento, ha esordito. Vince chi s’impegna di più sul suo obiettivo.

Cosa lo aveva spinto alla scelta di intraprendere questa carriera nell’export management ? in quella prima azienda aveva “sentito che c’era un’energia che gli piaceva”, che gli ha fatto dire “perché no” a quel percorso internazionale che gli era prospettato.

Cosa spinge le aziende a decidere in quali paesi andare ?

Si parte dal porsi alcune domande, ha detto Contri. Il nostro prodotto dove si può usare? Dove c’è una contro stagionalità che ci consente di operare in quei mesi nei quali il nostro mercato locale rallenta? E’ stata quella preparazione a consentire di conseguire successi anche durante gli anni più bui della recente crisi.

Si è quindi partiti dal condurre un’analisi geopolitica.  Dall’osservare come se da una parte lo sviluppo è diffuso in tutto il mondo, c’è anche una povertà sempre più diffusa.

Tutti ora producono prodotti ad alto livello: non è più sul prodotto la competizione.

Tutti sono in movimento: movimento di capitali di merci e di persone.

Demand o Innovation?

Le aziende si trovano di fronte a due scelte: organizzarsi secondo il criterio “proximity to demand” o “proximity to innovation”?

Per la proximity to demand: è, dove cresce la domanda locale, dove si osserva come i due terzi dei beni consumati in loco vengano prodotti là.

Per illustrare la proximity to innovation, l’Ing. Contri fa l’esempio del portale Booking.com, dove il 10% dei profitti va a S. Francisco oppure di SAP che è in Germania.

In questi casi dove c’è innovazione, là viene fatto lo sviluppo del prodotto.

C’è uno spostamento del focus: da quello sulla capacità produttiva a quello sulla capability.

Questo richiede di avere “risorse pregiate” in azienda e capacità digitali.

Richiede di customizzare tutto, restando agili, senza basarsi sulle quantità enormi. E naturalmente customizzare il prodotto.

Nuovi modelli

Quanto all’export manager, deve oggi modulare e passare dal vecchio approccio ad adottarne uno di nuovi:

Old model: chiamate a freddo, dimostrazione del prodotto, fare visite al cliente.

Nuovo modello: utilizzare i social network del nostro settore, stabilire una relazione molto più forte,

formare e coinvolgere. “Devo posizionarmi come autorevole e capace”.

L’export manager è dunque impegnato a sostenere la “lotta” per la customizzazione di tutto e per condizionare l’organizzazione a essere in grado di sostenerla.

Pianificazione

Deve allenarsi alla gestione dello stress dato dal costante cambiamento che richiede ad esempio anche alle nove di sera di intervenire con il Sud America e cercare di parlare subito con il capo della produzione anche se è la mattina di Natale. Pensiamo alla Cina: non hanno le festività come quelle occidentali: di fatto c’è solo il Capodanno cinese a inizio febbraio che consente di “tirare il fiato”.

L’Ing. Contri ha ulteriormente rilevato come importante per l’azienda sia la strategia digitale, la presenza online, senza la quale oggi non puoi nemmeno partire, a supporto del processo di export, saper gestire le informazioni, per un’immediatezza nelle informazioni, informatizzando le basi di dati per prendere decisioni corrette. Anche menzionando come tutti stiano aggiungendo informatica ai prodotti.

Massimo Contri infine rafforzando quanto espresso dal precedente relatore, ha concluso.  condividendo quanto espresso dal precedente relatore: “Abbiamo un patrimonio incredibile da esportare”, mentre sulla slide finale scorreva una frase significativa di W. Goethe:

“Quello che hai ereditato dai tuoi padri, conquistalo per possederlo.”

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