Durante l’evento Export Management presso il polo Santa Marta dell’università di Verona due Export Manager hanno raccontato i loro casi specifici.
Il primo, Alessandro Benini ha approfondito il rapporto nel triangolo fra produttori, importatori e clienti finali, parlando poi in particolare delle scelte di operare nei mercati dell’America meridionale e dell’Asia:
- la strategia
- la geografia
- le conseguenze sui profili che aspirano a questo lavoro.
Opera in un’azienda, la Mondial Forni il cui volume di export rappresenta l’80% del risultato dell’azienda i cui clienti vanno dal panificio alla grande distribuzione e alle linee industriali.
Catena del valore
Più che un triangolo, ha riflettuto Benini, si tratta di guardare alla catena, quella del valore, che arriva fino al consumatore finale, l’enduser.
Il punto è che è una catena che continua a muoversi, quando a clienti, modo, mercati. I clienti a questo punto sono molteplici: quello diretto è certamente il distributore che è quello che conduce, a suo nome, la promozione locale. Il marchio dell’azienda produttrice deve comparire anche presso l’utilizzatore finale.
“Devo essere vicino all’utilizzatore finale per capire che prodotto serve”, dice Benini.
La cosa è complicata dal fatto che ogni ingranaggio della catena è composto di più persone. Presso un utilizzatore finale ad esempio vi sono il buyer, il maintenance manager, il tecnico. Il distributore dal canto suo ci terrà particolarmente agli acquisti e alla logistica. È chiaro, ha aggiunto Benini, come si debba tenere a mente tutte le attese di tutti gli interlocutori della catena.
Cliente Interno
Da non dimenticare poi i molti clienti interni in azienda, dallo sviluppo prodotto alla parte finanziaria.
Che cosa può fare la differenza? Quali i vantaggi differenzianti?
“È necessario conoscere a fondo il business model del mio cliente diretto e anche di quello indiretto per modellare il mio, perché scelga me.” È chiaro come non basti più il prodotto e andare a venderlo.
È necessario costruire un piano di marketing per ogni singolo cliente: non c’è una soluzione universale. Dunque arci-customizzazione e flessibilità.
Dei diversi anelli della catena devo rilevare chi siano i miei sponsor, aggiunge il dott. Benini. Riconoscere chi prende la decisione, chi è il mio nemico e saper leggere le “mappe” all’interno del cliente.
Non è più sufficiente parlare due o tre lingue, serve soprattutto questa sensibilità.
“Perché avevamo deciso si lavorare nelle aree geografiche del Sud America e dell’Asia?”
Sono le parti del mondo che hanno un grip in termini di crescita: Corea, Cina, Giappone sono 3,5 miliardi di persone. In Sud America: 800 milioni. Una massa di popolazione enorme in particolare in Asia con una grande percentuale che ha accesso a beni e servizi elevati, con una popolazione giovane che “lascia un tiro più lungo”.
Perché il multi mercato? La scelta dell’azienda è stata compiuta nel 2008, quando la crisi aveva abbattuto i mercati europei.
Ci sono quindi grandi opportunità ma c’è anche il rovescio della medaglia.
Asia non vuol dire niente, è costituita di molteplici e diversi paesi con culture diverse, dove anche le categorie di settore, prodotti, ecc. sono diversificate e da comprendere.
Sono aree con guerre e rischi: se per queste ragioni “salta” un mercato, dove vado a sostituire il volume perso?
C’è naturalmente la concorrenza locale in quei paesi, con richieste di certificazione locale, doganali, protezionismo.
In azienda dobbiamo pesare bene le grandi opportunità e fare segmentazione del mercato: devo sapere a chi voglio vendere. I numeri sbagliati si pagano su tutto il conto economico.
Qual è dunque il ruolo dell’export manager?
Il dott. Benini riflette come in un’azienda di medie dimensioni generalmente sia una persona che alle spalle non ha un ufficio studi, un marketing strategico. E’ dunque necessario essere multidimensionali, dove comunque è fare un piano di marketing che aiuta a decidere gli investimenti e guida alle scelte su che clienti sviluppare in quali paesi.
Aggiunge che certamente è una persona che ha un feeling commerciale, abilità di negoziazione ma che anche possiede competenza tecnica per sostenere la vendita di un prodotto tecnico e complesso.
È una figura con uno spiccato senso delle relazioni: se il cliente è caleidoscopico, lo devo essere a mia volta.
Per selezionarlo, approfondisce Benini, abbiamo bisogno di una società terza che ci aiuti nel progettare il ruolo e il profilo necessario: “Non posso vedere io tutte queste sfumature.”
Cos’altro caratterizza la figura dell’export manager? La curiosità è quello che muove tutto e poi flessibilità e “fame di andare a prendersi i risultati”. Deve saper fare domande e cercarsi le informazioni.
Il dott. Alessandro Benini ha terminato il suo intervento dicendo che “vendiamo una storia, un marchio, una qualità, una tradizione” che è anche molto collegata al luogo geografico dove siamo.
“La nostra area geografica è già di per sé un marchio: come l’Arabia Saudita è seduta sul petrolio, noi siamo seduti su una “pentola d’oro”.
Mettiamolo a frutto e portiamo nei paesi internazionali!
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