Come funziona nella vostra organizzazione la convivenza delle diverse generazioni di collaboratori?
- Quante generazioni diverse vi sono nella vostra azienda?
- Come sono distribuite?
- Nel senso che vi sono fasce di età e di aree che presentano concentrazioni particolari?
- Oppure tutte le aree presentano una diversità e un mix di generi ed età?
- Come funziona nella vostra organizzazione la convivenza delle diverse generazioni di collaboratori?
A queste domande si tende generalmente a rispondere sulla base delle sensazioni che si hanno.
Ho avuto recentemente modo di sperimentare l’impatto che ha nelle aziende poter incrementare il livello di consapevolezza su come è composta la popolazione aziendale attraverso strumenti e confronti che ne facilitino l’analisi e ne consentano la visualizzazione.
Ero partita da alcuni primi elementi: “Quanti sono i vostri collaboratori che andranno in pensione nell’arco dei prossimi cinque anni e quale sarà l’impatto sulla vostra organizzazione di questo fenomeno? Di quanti uomini e donne è composta la popolazione aziendale e come sono distribuiti nelle varie fasce di età? Quante persone abbiamo nelle fasce dei più giovani e quante nella fascia 35- 40 anni?”
Mi sono resa conto come questa analisi metta in luce subito il rischio per l’azienda di perdere alcune delle competenze chiave, difficilmente rimpiazzabili e di difficile reperimento sul mercato del lavoro.
Tutto ciò è naturalmente da mettere in relazione alle mansioni che si prevedono evolvere in maniera significativa nei prossimi anni e di cui vi sarà necessità. Rispetto a questo tema di carattere demografico, le imprese si trovano nella necessità di anticipare il cambiamento e a prendere decisioni e misure che non mettano in pericolo la continuità.
L’utilizzo di appropriati strumenti di analisi ha recentemente rappresentato, per due aziende la possibilità di attuare una politica risorse umane volta a minimizzare i rischi legati all’invecchiamento dei collaboratori e a trasformare tale situazione in un vantaggio, pilotando il cambiamento senza perdere la rotta.
Si era partiti dalla ricostruzione visiva della cosiddetta “piramide delle età” adottando poi un approccio modulare.
A seconda della situazione dell’organizzazione, della sua dimensione e del numero dei collaboratori si era scelto su quali gruppi e aree concentrarsi.
Abbiamo trovato aziende che si rendevano conto dell’importanza di tenere monitorala la progressione delle età dei loro dipendenti ma che non avevano ancora intrapreso alcuna iniziativa in tal senso.
In altri casi le aziende avevano già intrapreso azioni identificando chiaramente i problemi che interessavano i diversi gruppi generazionali.
L’adozione di strumenti ha permesso di visualizzare e focalizzare le aree che necessitavano di un urgente intervento rispetto a quelle importanti ma meno prioritarie.
- Ecco che ad esempio in un’impresa caratterizzata da una significativa concentrazione di personale femminile over 55 ha fatto subito mettere questo fattore in relazione con le attività più o meno affaticanti sul piano fisico, interrogandosi sulla necessità di operare cambiamenti di mansione. Si è così potuto progettare il processo comunicativo per rendere possibili questi cambiamenti.
- Inoltre è stato possibile misurare il tempo di collaborazione dei senior (il numero degli anni) a disposizione dell’azienda: era sufficiente per formare intanto qualche successore cui affiancare il collaboratore senior per passare poi il testimone?
In quelle esperienze si è potuto rilevare come fosse di fondamentale importanza istituire un processo da ripetere nel tempo in modo periodico, ogni anno, per rivalutare le distribuzione per le età e anticiparne gli effetti.
Vi è stata poi la fase del censimento delle competenze, che in quelle due organizzazioni è stato condotto sulla base delle funzioni. Per passare infine ad alcune delle persone, quelle nelle aree prioritarie, quelle che disponevano di competenze strategiche, chiave per l’azienda. Come esempio, riporto la competenza della polivalenza come una di quelle che nelle due organizzazioni si era rivelato importante da monitorare e censire. Oltre alle interviste individuali qui si è anche utilizzato uno strumento di autoanalisi che ha permesso di distillare gli elementi di maggior forza e quelli più deboli.
Uno degli elementi di maggior valore è stato quello riguardante la individuazione di dove risiedevano le competenze strategiche e dove quelle critiche intendendo per le prime, quelle essenziali per l’impresa. La loro individuazione consente di valutare i rischi potenziali per l’impresa se esse vengono perdute. Quelle rare o uniche sono rese critiche dalla loro rarità e difficoltà nel sostituirle. Se il buon funzionamento dell’impresa si basa sulla loro presenza, queste divengono un reale fattore di rischio.
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