Facilito Ergo Sum
Facilitare è una moda o una necessità?
E soprattutto: cosa significa facilitare? E cosa o chi dobbiamo facilitare (rendere più facile)?
Secondo le definizioni più condivise il facilitatore è colui che aiuta un gruppo a progredire, a “vedere” meglio, tutti insieme, la situazione attuale e a chiarire il percorso di evoluzione.
A differenza del consulente che interviene per offrire soluzioni, il facilitatore considera i partecipanti stessi come “depositari” della conoscenza e delle soluzioni. Il suo intervento è pertanto neutro rispetto ai contenuti del lavoro e incentrato sulla capacità di valorizzare le risorse di ciascuno, offrire strumenti di comunicazione positiva e supportare il gruppo verso gli obiettivi.
E’ un ruolo sempre più determinante per ottenere risultati in modo efficace, in contesti di lavoro partecipati e collaborativi. Ma come si diventa facilitatori? L’abbiamo chiesto ad un gruppo di esperti Formatori e Facilitatori per lo Sviluppo delle Persone e dei Talenti.
D – Per imparare l’arte del facilitatore servono caratteristiche personali particolari? Competenze professionali specifiche?
Un facilitatore ha affermato che imparare a facilitare richiede, come ogni altra competenza, impegno e disponibilità a mettersi in discussione.
Imparare l’”arte del facilitare” richiede un ingrediente in più: la convinzione che ogni persona sia portatrice di valore, tanto più, quanto messa nelle condizioni di esprimerlo. E la passione per facilitarne, appunto, l’emergere.
D – Nel contesto lavorativo, in quali ambiti si possono utilizzare queste conoscenze?
Le competenze del Facilitatore sono “trasversali”: utili, se non addirittura necessarie, in tutti i contesti che richiedano di aggregare più persone attorno a obiettivi comuni, ha espresso un’altra facilitatrice.
Sono competenze indispensabili per chi guida gruppi di lavoro, permanenti o temporanei (manager, capi progetto, coordinatori, formatori, ecc.). Utilissime per chi conduce riunioni, meeting, corsi.
D – Perché è importante la figura del facilitatore? Quali sono i benefici che trae il gruppo dal suo aiuto?
Un facilitatore consente al gruppo di concentrarsi di più, fare meno fatica, migliorare le capacità di contribuire in modo produttivo al lavoro di gruppo.
Il facilitatore consente alla discussione di fluire veloce, alle persone di agire con un atteggiamento positivo rivolto verso la risoluzione dei problemi ed in cui tutti sentono di essere assolutamente utili.
Due esperti hanno aggiunto che il facilitatore mette le persone presenti al Meeting o alla web conference in remoto, nelle condizioni migliori per concentrarsi sull’oggetto dell’incontro, senza avere anche la preoccupazione di di progettarlo, coordinarlo e condurlo. La sua presenza aumenta fortemente la probabilità che l’incontro produca i risultati desiderati nel tempo disponibile.
D – Come facilitatore, quali sono le soddisfazioni che hai ricevuto?
Le soddisfazioni sono molte. Aver aiutato gruppi numerosi e scomposti in “fazioni”, alle prese con grossi cambiamenti, a ritrovare un senso di unione nuovo. Una nuova base emotiva e operativa da cui ripartire.
“Finalmente un modo efficace di lavorare sui nostri bisogni effettivi” è un commento gratificante che spesso raccolgo.
Vedere persone inizialmente ritrose, scettiche, se non polemiche, verso il tema affrontato nell’incontro, o verso il gruppo, chiedere poi, con convinzione, di continuare con altri incontri per andare avanti a risolvere questioni restate in sospeso.
Molto bello è quando nei percorsi più lunghi, iniziano a formarsi quasi per osmosi “facilitatori” dentro al gruppo stesso, che lascio esprimere e che poi si appassionano al ruolo e chiedono di poterlo agire con più padronanza.
D – Al termine di un laboratorio sull’Arte del Facilitare, quali strumenti si possono apprendere e quali competenze si sarà in grado di utilizzare?
Già nel durante ma soprattutto al termine di un laboratorio si acquisiscono strumenti per una maggiore padronanza e consapevolezza nell’arte di facilitare. In altri termini in un percorso di allenamento al facilitare si riesce ad esempio a riconoscere:
- quali abitudini di pensiero improduttive governare, per facilitare meglio;
- come sintonizzarsi sui bisogni relazionali del gruppo e allineare le aspettative reciproche per una partecipazione più attiva;
- l’interazione con i momenti più carichi emotivamente;
- quando e come utilizzare gli strumenti di facilitazione rispetto alle dinamiche del gruppo, quelle in presenza e quelle in remoto.
In questi percorsi, si acquisiscono logiche e approcci per migliorare la capacità di mantenere il gruppo attivo all’interno del processo. Inoltre, aumentare e allo stesso tempo alleggerire la propria “presenza” nel gruppo, prevenire e gestire le dinamiche disgreganti del gruppo.
Sono soprattutto le competenze di Comunicazione, Influenza e Persuasione (non forzata), Teamwork, Relazione Empatica e Gestione delle emozioni quelle più stimolate.
D –Una citazione, una frase o un aneddoto, per concludere?
La mia citazione preferita, ha detto uno dei facilitatori, è un vero e proprio motto che mi spinge e mi aiuta a guidare e a facilitare:
“Se Cambi il modo di vedere le cose, le cose che vedi Cambiano”
– Cit. W. Dyer –
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