Tutti pazzi per il Centro Sud America
Alcune parti del mondo, viste da molte imprese industriali europee come aree ricche di opportunità di mercato, sono, in questo periodo, i diciassette paesi del Centro Sud America.
Uno di questi paesi, il Brasile, fa parte dei famosi paesi con Cina e India che presentano un più elevato potenziale di crescita. Seppur con modalità e filtri di ingresso per i fornitori europei che richiedono di affinare le capacità e soprattutto le strategie.
Di quei paesi se ne sta parlando molto in diversi mercati e settori: da quello termomeccanico a quello delle macchine da confezionamento e packaging, dai costruttori di elettrodomestici ai produttori di componentistica, dall’Automotive alla climatizzazione, dalla refrigerazione al settore minerario e Oil & Gas, dai forni ai banchi frigo, dalle attrezzature per gommisti agli impianti di imbottigliamento, per citarne solo alcuni.
Complici anche i mondiali di calcio in Brasile, i paesi latini del Sud America sono stati e sono al centro di molte delle strategie di sviluppo di business di tante imprese che si stanno attrezzando attraverso l’inserimento di specialisti commerciali, di export manager esperti di quei mercati.
Il nostro punto di vista, sul tema, è quello della selezione di figure professionali coinvolte in progetti Export, di sviluppo commerciale di quelle aree.
Selezione di figure professionali coinvolte in progetti Export, di sviluppo commerciale di quelle aree.
Le diverse attività di selezione di questi mesi di Export managers per quella parte del mondo, ci ha fatto incontrare e rilevare aspetti particolari che caratterizzano il tipo di sfide, di progetti, di approcci, comportamenti e skills di cui tenere conto.
“E’ trovare strategie per salvarmi dallo stress la cosa più difficile” ci ha detto un giovane ma con già molte miglia di volo alle spalle. La sfida sta nella gestione del tempo vissuto in due parti del mondo diverse ogni uno o due mesi. E’ conciliare il tempo dai clienti e sui mercati del Centro Sud America, il tempo presso la sede dell’azienda e quello dedicato alla famiglia. “Eh già perché ogni missione richiede una programmazione di almeno due settimane per condurre tutti gli incontri con i clienti e i distributori in zona”. “Devo garantire la vicinanza ai clienti quando di mezzo c’è un oceano…e diversi fusi orari”.
“Devo salvarmi dallo stress”
“Devo garantire la vicinanza ai clienti quando di mezzo c’è un oceano…e
diversi fusi orari”.
Dunque un tratto che accomuna molti degli export managers, che sviluppano business in quella parte del mondo, è quello di essere dei globe trotter con il senso della geografia: valigia sempre pronta, aerei, alberghi e spostamenti organizzati.
L’utilizzo dello spagnolo e del portoghese è un piacere per le figure che mostrano particolare talento e risultati in quei territori. Dove la lingua è il mezzo per sviluppare relazioni in paesi che amano e con cui si sentono in sintonia. E’ per loro sentirsi in linea con il way of living, con l’approccio e con la cultura dei paesi nei quali operano: elementi che sono un atout importante per riuscire.
Lo Spagnolo ed il Portoghese
Se da una parte è il saper viaggiare un fattore che non può mancare negli Export manager, dall’altra vi è la ricerca del bilanciamento con l’altro tempo, quello dei giorni in azienda.
E’ spesso evidente in queste figure professionali la fatica e la tensione di quei periodi nei corridoi dell’azienda, alla scrivania, nei meeting, nei rapporti con la direzione, nel vivere la routine dell’azienda.
Emerge con chiarezza come i risultati del lavoro dell’Export Manager dipendano totalmente dalla sua capacità di vivere questo equilibrio: saper interpretare il momento sul campo e il proprio ruolo ed al contempo sentirsi pienamente persona dell’azienda, alla quale portare dati, condividere scenari e informazioni, operare confronti per prendere le migliori decisioni.
Questo bilanciamento è sempre critico per queste figure che per una parte del loro tempo mensile sono sul campo a vivere momenti intensi con i clienti e dall’altra altrettanto momenti di acceso confronto con la direzione e l’headquarter dell’azienda.
Quanto forte è il rapporto del manager con il proprio interlocutore e capo in azienda? quanto forte è, reciprocamente, la fiducia? E da parte dell’azienda, quanto è seguito e supportato questo export manager quando è nei paesi d’oltre oceano ? quanto è stretto il legame con questa figura che rappresenta l’azienda e che spesso deve prendere decisioni in nome dell’azienda?
E’ quando questo equilibrio si rompe e si pende da una o dall’altra parte, che la relazione vacilla fino a spezzarsi, spesso accompagnata da emotività (“mi sono sentito tradito”, “non sono più in sintonia con l’azienda che non mi segue”, ecc.) e sentimenti contrastanti.
Bilanciamento ed equilibrio
C’è chi segue filiali all’estero e chi è proprio il country manager in qualcuno di quei paesi.
O chi sviluppa relazioni con distributori, con grandi catene di distribuzione, con grandi imprese. Anche qui vi sono aspetti particolari che riportano a competenze necessarie, di cui tenere conto: pensiamo ai rischi in alcuni dei paesi. Ancor più forti nel caso di chi ha spostato la famiglia. Come è stato il caso a tinte fosche raccontato da un manager che a Città del Messico è stato minacciato di rapimento, fatto che lo ha fatto prendere la decisione di chiedere all’azienda di essere assegnato ad un altro paese delle aree del Centro America.
Pensiamo a questo e alle differenze dei diversi paesi: una cosa è essere a Città del Messico e un’altra è essere a Panama. Una cosa il Perù, tutta un’altra la Colombia.
Quali competenze funzionali sono rilevanti per la scelta dell’Export Manager per quei paesi? Una visione di marketing oltre a quella commerciale appaiono fattori importanti da rilevare. Ovvero una capacità di analizzare i mercati, i campi di applicazione, estrarre target di riferimento quantitativi, saper individuare il potenziale, saper scegliere i target di aziende, reti distributive, ecc.
Visione di marketing e commerciale
E poi altrettanto critico vi è un altro tipo di equilibrio, quello fra approccio manageriale e approccio relazionale, capacità di essere strutturati e organizzati e al contempo capaci nelle pubbliche relazioni, nell’adeguarsi ai tempi, ritmi e riti del paese e degli interlocutori per fare business.
Gli export managers incontrati citano spesso il post-vendita che richiede loro spesso una capacità di problem solving oltre che di coinvolgimento dei colleghi tecnici della sede ed in generale dei “clienti” interni. Una competenza questa da declinare correttamente rispetto a ciascuna azienda e quindi da inserire nei fattori da esplorare durante le fasi di ricerca e selezione.
Se già la ricostruzione fin qui ha dato la misura delle tante sfide e dei punti di forza da cercare nei potenziali export manager, vi è un altro driver altrettanto centrale. Riguarda la tensione e fatica di chi, sul campo, “vede “ le opportunità e le deve poi tradurre per coinvolgere e influire sui decision makers dell’azienda per ottenere il buy in ad esempio sulla necessità di modificare il prodotto, apportare migliorie, innovare le tecnologie, riconsiderare il posizionamento del prodotto, corredarlo di un particolare tipo di documentazione, ecc.
Come far aprire i decisiori aziendali e cogliere queste ulteriori opportunità? Come influire internamente?
Come aiutare il management a confrontare le opportunità e le capacità di investimento dell’azienda ?
Come facilitare la presa di decisioni?
Come influire sull’interno e sulle decisioni
Ci sembra dunque che nei profili si debbano scorgere capacità comunicative, di influenza e di presentazione dei dati ma anche quale stabilità emozionale abbiano quelle persone, come sappiano “passare dal panico all’entusiasmo”, ma sempre tenendo la barra diritta all’obiettivo.
Certamente si dovranno cercare capacità di “aprire” nuove strade, relazioni, contatti, di “sfondare” insomma quello che frequentemente si descrive come “una forte spinta commerciale” ed al contempo la capacità di chi sa lavorare anche nel dopo, nel post vendita e nella continuità di gestione del cliente.
Dopo tutto questo, cos’altro ancora caratterizza questa così sfidante figura, così determinante e che può fare la differenza?
Ascoltiamo ancora qualche frase rivelatrice di alcuni export manager che operano nel Centro Sud America:
- “per me il gusto è raggiungere fisicamente il cliente, il piacere di parlarci e trovare la soluzione con lui”
- “il mestiere dell’Export manager è saper condurre una conversazione e avere una profonda conoscenza tecnica del prodotto”
- “un equilibrio fra il desiderio di varietà e la necessità di essere approfonditi sul prodotto”
- “riuscire è una partita a scacchi: conoscere le persone giuste sul territorio e mettere giù le pedine giuste”
- “Avere curiosità è la chiave”
- Gli esterofili a prescindere: “andrei ovunque”
- “una capacità che non può mancare? adattabilità a mille…”
- “trovo che sia determinante come si raccolgono le informazioni e come si mettono assieme”
- “devo avere capacità di comunicare, di presentare in azienda gli scenari”
- “importante per me è la capacità di sintesi: fare sintesi da tante informazioni e creare un executive summary, decidendo quale è il livello di dettaglio necessario”
- “per riuscire a portare i risultati attesi è fondamentale la collaborazione con il back office interno”
- “mi preoccupo sempre di come coinvolgere i collaboratori operativi su quel progetto/su quel cliente, che loro non vedono …”
- “mi descrivono ecclettico e un po’ artista”
Insomma tanta personalità, tante skills, molteplici capacità sono necessarie per riuscire ad andare a prendere quel potenziale in quei diciassette paesi del Centro Sud America.
In bocca al lupo a questi dinamici, relazionali, entusiasmanti, visionari, coloriti viaggiatori!
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