COMPORTAMENTI DIGITALI
CON IL CRM – Customer Relationship Management
Intervista a Valentina Gagliardo
Frequenti, in questi mesi, sono le attività di consulenza alle imprese afferenti all’adozione di nuovi comportamenti digitali. Molte organizzazioni sono alle prese con l’implementazione di tecnologie e sistemi volti a creare una più efficace condivisione delle informazioni, all’interno e all’esterno dell’impresa, per imprimere una svolta, in avanti, alle relazioni con i clienti.
Pensando ad un recente progetto di sviluppo organizzativo con un team aziendale, inerente all’implementazione del nuovo CRM, da dove si è partiti?
Lo abbiamo chiesto a Valentina Gagliardo, professionista meeting designer e digital facilitator.
Il primo passo è stato riunire tutti gli operatori, che a diverso titolo operavano sul processo commerciale. Si è trattato di mettere a fuoco, con quel team, le esigenze di ciascuna funzione verso un sistema di CRM. In quella organizzazione era stata coinvolta la funzione commerciale, amministrativa, e tecnici che inputavano dati inerenti i prodotti.
Come si è riusciti a creare una base comune, un accordo fra le persone coinvolte, per declinare e mettere a punto il tool su misura?
Incontri con ciascun responsabile delle aree funzionali hanno consentito di mappare le informazioni necessarie. Ad esempio per una funzione aziendale si era rivelato determinante poter avere uno storico di dati dalle diverse Business Unit. In un’altra area si voleva poter risalire alle interazioni che i contatti e i clienti avevano avuto, con chi, nel tempo, all’interno dell’azienda. Qualcun altro aveva l’esigenza di tenere traccia dei cambiamenti intervenuti nei contatti e nelle aziende nel tempo. Un’altra area voleva estrarre il tipo di ordini che il cliente aveva nel tempo inviato.
Per raggiungere ad un buon risultato finale, di soddisfazione di tutte le aree aziendali è stato determinante il coinvolgimento, in quegli incontri, di tutte le direzioni, vertice aziendale compreso. Si era rivelato senz’altro un errore, in una organizzazione, decidere di coinvolgere solo le figure operative e non anche i responsabili ed il management.
Creare una base comune, condivisa, dove ciascuno viene ascoltato è il fattore chiave, dunque, riflette la specialista. Di fatto in quegli incontri si definiscono i codici comunicativi e di processo.
“Penso ad esempio ad un gruppo dove si doveva stabilire quando un Lead lo si voleva far diventare contatto: quando c’è uno scambio di mail oppure quando lo incontro e gli stringo la mano?” ricostruisce la facilitatrice.
“Oppure un altro caso in cui l’esigenza era quella di disegnare il processo commerciale assieme: dalla campagna marketing al ricevimento della commessa e alla sua successiva esecuzione. “
Quali sono i passaggi più critici in un intervento di implementazione di un sistema CRM in una organizzazione?
“Eliminare le sovrapposizioni” afferma Valentina Gagliardo che racconta come in un recente intervento le persone coinvolte avessero potuto visualizzare in modo chiaro in quale punto, nel processo di digitalizzazione dei dati, interveniva una funzione e quando arrivava poi un altro collega, riuscendo a “vedere” concretamente quale era il legittimo bisogno di ciascuna area funzionale.
Di grande soddisfazione, dice, è osservare come in questi processi di facilitazione e di conversazione, si abbassano le resistenze.
Come si riesce a vincere le resistenze e a spingere le persone ad adottare un comportamento digitale nuovo per far ottenere loro i vantaggi della nuova tecnologia CRM?
La formazione on the job, condotta in modo ravvicinato e individuale può agire da acceleratore e da fattore di “sblocco”. Lavorare ad esempio con l’owner di quel determinato processo e aiutarlo a definire la frequenza di incontri con quali colleghi oppure continuare ad incontrarsi nel team delle persone che condividono quel processo e quel x e condurre ogni volta un check di quanto è successo.
In quelle occasioni spesso i gruppi riescono ad individuare le ridondanze, i passaggi doppi e, se si sono create le condizioni ed il clima per un buon lavoro di gruppo, avvengono anche le negoziazioni fra le persone che portano a definire criteri condivisi.
In questo tipo di facilitazione si spingono le persone a concentrarsi sui passaggi concreti, oggettivi, distogliendo l’attenzione dai risvolti emotivi, separando insomma gli aspetti di relazione da quelli del processo.
Nelle recenti esperienze cosa ha fatto la differenza?
Non partire dallo strumento con i tecnici dello strumento ma mettersi prima a fianco delle persone per comprendere le esigenze e capire come adattare poi quello strumento.
Più efficace è senz’altro partire dalla ricostruzione dei processi attuali e visualizzare i passaggi da ottimizzare. Anche fare un envisioning futuro, proiettando come sarà la situazione una volta a regime, dice Valentina Gagliardo.
Insomma, conclude, “il problema non sono gli strumenti ma come fra di noi ci parliamo e come facciamo accadere le cose”.
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